Io non conosco di persona Mr. Harold Bradley, o meglio lui non conosce me, anche se l'ho incontrato molte volte, ma ero un ragazzino, e lui certo non si ricorda di me.
Sgusciavo fra le gambe degli spettatori del Folkstudio per piazzare meglio i microfoni per le registrazioni di mio padre, e mi divertivo un mondo perche’ li SI SUONAVA!
Ancora rabbrividisco quando ricordo l’emozione e l’impatto dei fiati di Marcello Rosa, della tuba di -Valdambrini, dei tromboni di Schiaffini, l'urlo del clarinetto di Francesco Forti, o la magia delle dita di Toto Torquati, la batteria di Renato Musillo, e poi i canti ebraici, un nasone chiamato Juca, o la magia di cantare assieme i gospel, e battere le mani a tempo.
Fu mio padre che mi fece questo regalo: lui ADORAVA il jazz, il brasile, i canti popolari, ed era diventato un aficionado, e non contentandosi di scattare migliaia di foto a tutti, alla fine si compro’ un UHER con il quale cominciammo a registrare professionalmente.
Tutti sorridevano, tutti si davano grandi pacche sulle spalle, tutti bevevano forte e brancicavano le ragazze,tutte fidanzate con musicisti, tutte impegnate a fare yeah e a porgere il bicchiere.
Nella mansarda di legno di mio padre cominciarono ad apparire locandine fatte da lui o stampate per il folkstudio, nomi stranieri, esotici, magici: Juca Chaves, Folkstudio Singers, Archie Savage, Pete Seger, .
E Mr. Harold Bradley nelle parole di mio padre diventava un gigante, un uomo di profonde conoscenze, spirito libero, gran signore, e grande interprete di soul, gospel e blues.
Fu letteralmente il primo nero che conobbi in vita mia, e la sua mano calda, il suo sorriso bellissimo, le cose meravigliose che cantava sul palco insieme ai suoi amici da tutto il mondo mi affascinarono e mi entrarono dentro.
Dopo il 67 non lo vidi piu’ e mi dimenticai di lui; fu solo il 20 ottobre del 2009, nell’occasione della festa che gli amici gli avevano preparato al Cafe Latino, che per magia, in uno spazio ristretto e pieno di gente, che ricordai improvvisamente tutto, e ritrovai in pieno lo spirito del FOLKSTUDIO.
In quelle serate, infatti, c'era una atmosfera particolare, era particolare il modo in cui tutti si affollavano nella stretta L del locale, seduti per terra, sul palco, in piedi: giacche, bicchieri, torte, birre, cappelli, tutto turbinava, le persone si dicevano cose incomprensibili, nominavano altre persone, cantavano in lingue incomprensibili.
Si abbracciavano, si baciavano, di davano grandi pacche sulle spalle, sembravano tutti vecchi amici convolati al paradiso, tutti finalmente a loro agio, a condividere la musica, le idee, le speranze.
Esattamente la stessa atmosfera del compleanno di Harold Bradley al Cafe’ latino, circa 30 anni dopo.
C'era Toto Torquati, che ha ricordato come fosse stato trascinato al FOLKSTUDIO, proprio da Bradley, e dei primi concerti, con Marcello Rosa, Francesco Forti e altri.
Poi hanno eseguito insieme tre pezzi,, di cui abbiamo documentato solo il primo, con una lunga prefazione-solo di Toto.
Mr. bradley ha poi chiamato sul palco la Jona's Blues Band, banda storica che lo ha accompagnato negli anni'80, con la quale ha eseguito 2 brani, "Stormy monday blues" ( T Bone walker) e "It ain't necessarily so" ( G. Gershwin).
Un omaggio graditissimo e venuto dalla Amazing Grace Chorus, un complesso corale di 25 americani che vivono a roma.
Claudia Marss ha poi dedicato a Mr. Bradley una dolcissima canzone brasiliana, per rientrare poi in band e concludere con un bellissimo "what a wonderful world"
Si e' concluso con una torta enorme e con la chiamata sul palco di Hannelore, moglie e compagna di una vita avventuroa, e naturalmente con il tradizionale "Happy birthday".
Il Folkstudio di Bradley era cosi: internazionale, aperto, giocoso, musicale, estroso e intimo, un sapore nuovo che ancora oggi affascina e coinvolge.
Tanti auguri, Mr Harold Bradley, e grazie per essere capitato tra noi.
Dario Massari
CHIEDO PERDONO E INVITO GLI ARTISTI CHE NON HO CITATO MA CHE HANNO SUONATO A LASCIARE I NOMI NEI COMMENTI, grazie.